Parrocchia di Santa Francesca Romana  
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Concilio tra le mani

 

 

 

Nella Messa avviene per noi un triplice incontro di grazia: con la Parola, con l’Eucaristia e con i Poveri; qui siamo convocati, qui raccolti, qui educati a scoprire ed a vivere il triplice dono battesimale della nostra vita in Cristo.

Triplice dono che ravviva il profumo dell’unzione spirituale che ci ha segnati e ci ha resi profeti del suo Vangelo, che ci fa membra del popolo di Dio, partecipi del suo sacerdozio, uniti all’offerta - noi pure offerta per Lui, con Lui, in Lui - che egli fa di Se stesso al Padre nello Spirito per la vita del mondo; spirituale unzione che ci conferma nella testimonianza della sua regalità nel mondo, scorgendo Lui e il suo mistero di grazia, in tutti e in tutte le cose.

Qui, durante la celebrazione eucaristica, veniamo pure consegnati gli uni agli altri dal Cristo presente e inviati dal Signore rigenerante e unificante la comunità e l’umanità dispersa perché una sia la fede di ciascuno e di tutti.

Dalla Messa allora viene a noi proprio questa triplice consegna: nelle nostre mani sono poste sempre di nuovo la Parola, l’Eucaristia, i Poveri.

Il card. Giacomo Lercaro ha scritto: «Veramente: la Messa è un universo, le cui ricchezze nascoste sono inesauribili ... Purtroppo gli uomini - i cristiani - spesso non sanno e più spesso non vogliono scavare nel mistero luminoso della Messa; che se, con amoroso impegno, lo facessero, arriverebbero pure a servirsi dei tesori della terra, non solo senza sbarrare a sé e ad altri la via al cielo, ma anche rendendo più lieto e sereno il cammino sulla terra.

La Messa è nelle nostre mani; nelle mani del sacerdote, anche se non è cosa esclusivamente nostra, come si dava occasione di pensare prima del Concilio, agendo all'altare come se l'assemblea dei fedeli non fosse presente e non dovesse interessarsi. … La Messa è realtà divina ed ecclesiale posta nelle nostre mani consacrate il giorno dell'ordinazione; ma posta prima ancora nel nostro spirito e nel nostro cuore, perché diventasse radice e perno della nostra vita spirituale e pastorale, per poter essere poi radice e perno della comunità cristiana».

«E' ancora viva nella mia mente - scriveva Luciano Chiappini sulla “Voce” ricordando Lercaro - un'immagine di lui, attorniato dal suo presbiterio, in San Pietro, la sua Cattedrale; si era assai prima del Concilio, ma si avvertiva il senso nuovo e più concreto di concepire il fatto evocativo del Sacrificio come presenza attuale, come realtà toccata con mano».

Con questi incontri del “Concilio tra le mani” si vorrebbe “ri-sentire” e “far sentire” di nuovo gli orientamenti di quella “bussola”, che è ancora oggi il Concilio per la nostra Chiesa, con quello stile appassionato con cui il card. Lercaro desiderava “sentire” e “far sentire” la Messa alla sua gente: “A messa figlioli!”

 

"Concilio tra le mani" è un iniziativa promossa dal Cedoc SFR della parrocchia di S. Francesca sostenuta e approvata dal Consiglio pastorale parrocchiale; con essa si intende iniziare un percorso conoscitivo e formativo sul Vaticano II, la sua storia, i suoi documenti con testimonianze, giornate di studio, proiezione di filmati e momenti assembleari. 

Già attraverso il foglio di collegamento, di settimana in settimana, vengono proposti alla lettura pagine dei documenti conciliari; inoltre, grazie all'Azione cattolica interparrocchiale di S. Francesca, Madonnina, S. Gregorio e S. Maria in Vado si è predisposto un questionario per verificare la ricezione del Vaticano II nelle nostre comunità che potrà essere utilizzato anche dalle altre parrocchie ed è scaricabile dal sito della parrocchia. 

Si è fatto questo proprio per favorire un'analoga iniziativa del Vicariato urbano per le parrocchie della città tendente ad unificare ed integrale la pastorale cittadina delle parrocchie.

Come il Concilio ha messo la Bibbia nelle mani di tutti i cristiani così, con questa iniziativa, si è pensato di offrire l'opportunità di fare altrettanto con il Concilio, proprio il "Concilio tra le mani".    

La fede è la nostra libertà che si affida; un consegnare tutto se stessi all’altro; è deporre in lui la nostra vita con fiducia come se si consegnassero le proprie sostanze. L'uomo crede e vive di fede — dice il Concilio —quando mediante l’obbedienza della fede egli si abbandona tutt'intero e liberamente al Dio che si rivela». Dei Verbum 5.

Credere è guardare con fede a Gesù: «Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica », Lumen Gentium 9.

«Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!» (Lc  17,19).

C’è una fede che salva e che apre la strada alla fede che testimonia: la prima è quella personale conversione all’esperienza di Dio come Padre affidabile così come l’ha annunciata, vissuta e testimoniata Gesù e si genera nell'esercizio fiducioso della relazione filiale in ascolto della Parola e nella dedizione fraterna, al modo di Gesù. La seconda non è che il frutto del nostro seguire Gesù come discepoli: essa è partecipazione alla missione di Gesù, è pure confessione della singolarità di Gesù Cristo in ordine alla vita e alla salvezza degli uomini; essa è attuazione del memoriale del Risorto, la sua Pasqua. Nel segno sacramentale dello spezzare il pane si sta realmente alla presenza del Signore Gesù, rivolti con Lui e in Lui al Padre affidabile, come figli che si affidano divenendo così testimoni nella Chiesa e tra la gente del mistero della fede: alla messa si entra come discepoli e si esce apostoli.

«Perché proprio la fede salva? - si domandava don Mori - Perché è la forma più radicale, contraria ad ogni progetto di salvarsi con le proprie forze. Si accetta di vedere con gli occhi di un altro (Dio); ci si fida unicamente di Lui perché egli sa cosa giova alla nostra vera pace; si decide di seguirlo anche se il cammino è oscuro. Una fiducia totale, esistenziale, che coinvolge tutto l'essere. La croce alla luce della fede è la prova suprema dell'amore, sia per Chi vi muore sopra; sia per chi vi crede e l'accetta come segno di salvezza, di solidarietà con gli 'ultimi'».

Il cammino della fede è dono di grazia; diceva il vescovo Franceschi che questo cammino «finché siamo qui, non ha traguardi ultimi: tende sempre oltre. Ogni occasione di verifica e ogni ragione per riesaminarsi e per rinnovare la nostra totale resa a Dio è un dono che viene dall'alto. Acquisire una sempre più grande libertà - intendo la libertà dell'amore a Dio, ai fratelli, a questa nostra chiesa - è certamente un dovere non rinunciabile: se qualcosa sollecita ad accelerare il passo, occorre riconoscere che viene da Dio e quindi accoglierla come grazia».

 

 

Indice

I. La Sacrosanctum concilium e il significato del Vaticano II. 

II. La riforma liturgica e il ressourcement. 

III. La riforma liturgica e l'ecclesiologia. 

IV. Riforma liturgica e rapprochement. 

V. Riformare la liturgia - Riformare la Chiesa. 

VI. La liturgia del Vaticano II e i cinquant'anni della recezione conciliare.

Conclusioni. Bibliografia. Indice dei nomi. Indice tematico.

Note sull'autore

MASSIMO FAGGIOLI, già membro della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna, insegna Storia del cristianesimo nel dipartimento di Teologia della University of St. Thomas (a St. Paul-Minneapolis, in Minnesota). Tra le sue pubblicazioni: Il vescovo e il concilio. Modello episcopale e aggiornamento al Vaticano II (Il Mulino, 2005); Breve storia dei movimenti cattolici (Carocci, 2008; in lingua spagnola, PPC, 2011); True Reform. Liturgy and Ecclesiology in «Sacrosanctum Concilium» (Liturgical Press, 2012); Interpretare il Vaticano II. Storia di un dibattito (EDB, 2013).

Quest’opera di Marc Chagall è sembrata significativamente espressiva per dire la figura simbolica della riforma liturgica della chiesa al Concilio. La chiesa è considerata dai padri il mysterium lunae; essa riflette la luce delle genti che è il Cristo Signore; è tutta relativa a Lui come la luna al sole.

Troviamo nel libro di MASSIMO FAGGIOLI «un'analisi completa e documentata della Sacrosanctum concilium e della sua recezione da parte dello stesso Vaticano II. Emerge pienamente il legame del documento con l'ecclesiologia.

Si fornisce così una profonda comprensione del Concilio nella sua dimensione liturgica e nel suo imprescindibile invito a riformare la Chiesa perché sia più fedele al Vangelo di Gesù Cristo» (E. Bianchi).

Rilegge la costituzione Sacrosanctum concilium 50 anni dalla sua approvazione è operazione che va oltre la commemorazione storica e si propone come chiave di lettura della "riforma" cattolica del secolo scorso; non solo della liturgia, ma della fede e della Chiesa. Secondo l'autore, la Sacrosanctum concilium è testo fondamentale e chiave interpretativa per la comprensione dell'evento conciliare e per la riforma che ne e seguita. La costituzione sulla sacra liturgia ha infatti stabilito una visione di chiesa che ha delineato l'agenda dei successivi documenti e della Chiesa cattolica negli ultimi cinquant'anni.

La SC è la prima costituzione ad essere approvata, quella che ha reso più rapidamente ed esplicitamente visibili gli effetti del concilio sulla vita della Chiesa, essa ha costituito di fatto la matrice delle elaborazioni successive.

In tutti i testi fondamentali successivi ci sono «connessioni testuali» con la rifondazione teologica operata dalla costituzione sulla liturgia. A sua volta, essa accolse dai movimenti pre-conciliari del rinnovamento il principio del «ressourcement» (ritorno alle fonti) e lo rilanciò come criterio indicativo.

Crepuscolo: quest’opera di Marc Chagall dice la fede con cui si crede ‘fides qua’ quella ritrovata al concilio, (Dei verbum 5); quell’unica fede che si dice in molti modi come l’esistenza e che costituisce la nostra libertà nell’atto di affidarsi nel restare fedele alle consegne della propria responsabilità di fronte all’umano nostro e di altri. Si potrebbe dire che essa sia una fede crepuscolare perché è quella luce che ci accompagna sempre anche quando viene la notte più oscura e, per quanto fitte siano le tenebre, essa resta sempre con noi . è la presenza nascosta di Dio nella nostra umanità; è la presenza di Cristo la sua prossimità che continua a vivere nella nostra umanità e ad identificarsi con essa: ‘Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete mi hai dato da bere... (Mt 25). Come dice Mazzolari “Fede, vale a dire il mistero di una presenza”. E se così è, allora, non vi è nulla che riguardi l’umano anche un grido disperato che nessuno sente che non sia raggiunto, abitato e riscattato da questa presenza.

Con questo libro don Mazzolari ha anticipato profeticamente quella riflessione sulla fede e l’ha mostrata in quella forma che poi il concilio Vaticano II ha voluto riconsegnare a tutti gli uomini di buona volontà perché non venisse meno la loro speranza in una prossimità della vita invincibile: “Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale, diventando conforme al Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla risurrezione fortificato dalla speranza. E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia” (Gaudium et Spes 22).  

 

Il nostro Dio, che si è fatto un giorno Figliuolo dell’Uomo, è ben più grande del mio sogno. Né il mio sospiro lo raggiunge, né la mia Fede, benché la mia Fede sia Lui: Lui, più reale d’ogni nostra palpabile realtà, più vivo d’ogni vivente, irraggiungibile eppur vicino, di tutti e pur mio. Lui, presente su ogni strada, in ogni avvenimento, in ogni uomo, in ogni creatura, perché io non sia più solo! Nella sua vita di Figlio dell’Uomo, come nella sua morte, nulla mi lascia indifferente; nulla mi diminuisce.

Nessuna gioia viene offuscata, nessuna pena perduta.

Coi suoi occhi posso fissare perfino il mio passato, voler bene anche al dolore e a chi mi fa soffrire, e capire anche la morte. Senza di Lui non capisco niente: senza il suo perdono l’indulgenza mi fiacca; senza la sua Casa l’esilio non ha fine.

Non so dirvi di preciso ov’egli abita e com’è la sua Casa. So che ogni strada vi può condurre, che c’è posto per tutti, ch’essa è fatta dalle mie umiliazioni più che dai miei successi, dai miei patimenti più che dai miei piaceri.

Non merito d’esservi ospitato, e ci vengo accolto con festa; sono un diseredato dal peccato e vengo adottato dalla Grazia.

Ora, che per Lui e con Lui posso ripetere: «Padre nostro che sei nei cieli», la mia orfanezza è finita: assicurato il mio pane se m’abbandono alla sua Provvidenza e imparo a spezzare con tutti ciò che Egli mi dona.

La Fede, vale a dire il mistero di una presenza...

Per questo io penso che una dichiarazione di Fede può essere colta ovunque, anche nel grido più disperato. Ove c’è una sofferenza, Qualcuno è presente...

Se uno crede - e si crede per grazia, vale a dire per dono di chi si fa vita nella nostra povera vita - dispone di una sua inconfondibile testimonianza...

La Fede, un uomo non se la può dare, né può darla: può farla conoscere, renderle testimonianza, ma «l’olio della lampada» (Mt 25,8) uno non lo può dare...

 Nella Parabola del Seminatore, il grano cade ovunque, ma solo in «terra buona» porta frutto «con pazienza» (Lc 8,15).

P. Mazzolari, Della fede

 

 

Stefani 428 - Interpretare il Vaticano II (14.04.2013)

Pagnoni presentazione libro Faggioli a SFR

Questionario La vita e la missione della nostra Parrocchia SFR

Questionario Vicariato su Concilio vita e missione in parrocchia

L. Sartori, Concilio Ciò che è vivo e ciò che è morto